lunedì 11 settembre 2017

Le ragioni dell'euro forte contro dollaro

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La Corea del Nord non lascia, anzi raddoppia gli esperimenti balistici e nucleari. Dopo aver lanciato il 26 agosto tre missili, precipitati nel Mare del Giappone, il regime guidato da Kim Jong-un ha rincarato la dose. Domenica ha fatto detonare una bomba all’idrogeno scatenando un terremoto di magnitudo 6.3 della scala Richter. Fonti sudcoreane hanno indicato che si è trattato di un test 11 volte più potente di quello di gennaio 2016 e sei volte più potente di quello dello scorso settembre. Nel complesso, si tratta del sesto esperimento nucleare condotto dalla «Repubblica popolare democratica di Corea».

Chi si aspettava un terremoto anche sui mercati finanziari non ci ha preso. Ma il lancio della “bomba H” qualche effetto lo ha sortito. Le valute rifugio per eccellenza - lo yen giapponese e il franco svizzero - sono state acquistate a svantaggio del dollaro. Il cambio dollaro/yen è sceso sotto quota 110 (109,5 punti) con la divisa nipponica rivalutatasi in una sola seduta dello 0,7%. Anche l’altro paradiso valutario, la moneta elvetica, si è apprezzato nei confronti del biglietto verde (+0,7%).

Tuttavia, al momento non c’è una fuga degli investitori verso la qualità. Dall’ultima settimana di agosto - quando il pericolo della Corea del Nord è tornato nell’agenda a seguito dell’ennesima provocazione missilistica - yen e franco svizzero sono piatti sul biglietto verde mentre da inizio anno guadagnano il 6,5%.

Più marcato invece l’effetto rifugio se si analizza l’andamento dell’oro, da sempre faro finanziario contro le fasi ballerine. Il lingotto ieri è salito dello 0,7% portandosi a 1.335 dollari l’oncia, livelli che non toccava da novembre. Nelle ultime due settimane la performance cumulata sale al 3,5%, il 16% da inizio anno. Certo, nella rivalutazione dell’oro bisogna conteggiare anche la svalutazione del dollaro (che ha perso l’8% da inizio anno su scala globale) ma il recente scatto è tutto legato al fattore incertezza.

È vero che in questo momento i mercati non stanno certo scontando gli effetti imprevedibili di un conflitto tra Usa e Corea del Nord - lo dimostra la freddezza con cui hanno reagito le Borse europee, ieri a -0,38% mentre Wall Street era chiusa per il Labor Day - ma è anche vero che fino a quando il focolaio resterà acceso è comprensibile immaginare - perlomeno nel breve periodo - che gli asset rifugio saranno considerati un attracco naturale per gli investitori che non amano la volatilità e non vogliono restare in balìa di eventi geopolitici dalle conseguenze non calcolabili. Uno dei nodi della questione riguarda il rapporto tra Usa e Cina nel caso in cui vengano applicate sanzioni. Una strada verso la quale gli Usa stanno spingendo.

Il presidente Donald Trump ha minacciato sanzioni economiche verso tutti i Paesi che intrattengono relazioni commerciali con il regime di Pyong Yang. Ed è qui che entra in ballo la Cina dato che - come ricordano gli analisti di Capital economics - l’86% dell’export della Corea del Nord finisce in Cina. Sanzioni penalizzerebbero quindi anche la Cina che però non può dimenticare che gli Usa lo scorso anno hanno acquistato beni e servizi per un controvalore di 479 miliardi di dollari. Questa partita a scacchi per ora non ha scosso i mercati alle fondamenta ma, come visto, spinto movimenti robusti ma non da panic selling, sui principali asset rifugio.

Perché l'euro sale

Tra questi, figura a sorpresa anche l’euro che ieri è tornato a salire, superando quota 1,19, pur non rientrando nella lista dei principali beni rifugio. «La reazione nel mercato è la tipica reazione di avversione al rischio per via degli eventi geopolitici, ma una significativa eccezione è la continuativa forza dell’euro» osserva Neil Jones di Mizuho Bank. L’euro fa eccezione per un altro motivo: gli investitori - acquistando euro - stanno esercitando una sorta di pressione indiretta nei confronti della Bce che giovedì 7 settembre potrebbe annunciare il tapering, ovvero una riduzione degli stimoli monetari. I mercati - mai paghi di iniezioni di liquidità - non gradiscono l’idea. E, spingendo in su l’euro, cercando di testare i nervi della Bce che giovedì potrebbe anche - complice il super-euro - rimandare ogni decisione ad ottobre.

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