mercoledì 15 marzo 2017

Previsioni sterlina per marzo aprile 2017

Sarà ancora una volta il cable a catalizzare l’attenzione degli operatori valutari la settimana prossima. Lunedì 13 marzo infatti la Camera dei Comuni inglese sarà chiamata a riesaminare tutta la procedura legata alla Brexit dopo che, il 7 marzo scorso, la Camera dei Lord aveva inflitto una battuta d’arresto all’iter di uscita del paese dall’Unione Europea stabilito dalla premier Theresa May. Nel dettaglio, l’oggetto del contendere è stato l’emendamento che dava al Parlamento britannico l’ultima parola sull’accordo finale con Bruxelles. Salvo eccezionali sorprese, in base ai numeri del partito al governo, la prossima tornata di discussioni all’interno della Camera dei Comuni dovrebbe essere interamente favorevole al volere della May.

Al centro di tutto questo c’è il cable e i forex traders. Durante la settimana appena passata, la sterlina contro il dollaro ha continuato il suo trend discendente partito con il massimo del 24 febbraio a 1,2669 dollari, chiudendo l’ottava a ridosso di 1, 2170 dollari. Per le prossime sedute ci potrebbe essere un appiattimento delle quotazioni del cambio sul supporto statico di medio/lungo termine a 1,21 dollari, con una fase laterale che potrebbe protrarsi fino ad almeno il termine delle consultazioni parlamentari. Una volta che le questioni politiche saranno risolte, con la data precisa in cui verrà invocato l’articolo 50, ci potrebbe però essere un’ulteriore importante fase ribassista della sterlina. La violazione di 1,21 dollari porterebbe immediatamente il cable sui minimi del 16 gennaio 2017 a 1,1988 dollari, per poi raggiungere i minimi di lungo periodo segnati il 7 ottobre 2016 a 1,1943 dollari.

Oltre questi livelli, la questione si potrebbe complicare visto che si tornerebbe sulle quotazioni di trent’anni fa. Per contro un ritorno della forza per la moneta inglese, tecnicamente, arriverebbe soltanto con la violazione rialzista di una trend line discendente, partita con il massimo relativo del 24 giugno a 1,4992 dollari e creata dall’unione con l’altro massimo relativo segnato il 24 febbraio a 1,2569 dollari. L’incrocio con questa linea di tendenza gravita nell’area di 1,2330 dollari. Nel caso questo livello venga raggiunto e superato, il primo target rialzista e da individuare nei massimi d’inizio febbraio a 1,2650 dollari, mentre il secondo livello di target risulta essere a 1,2850 dollari. Tale livello è molto suggestivo perché rappresenta il ri-test del supporto statico (ora diventato resistenza) violato al ribasso con il forte movimento che aveva portato al minimo di lungo periodo. Il cambio, nonostante le vicissitudini, si sta dimostrando ancora molto tecnico ma lo stop loss è sempre d’obbligo.

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lunedì 13 marzo 2017

Investimento in franchi svizzeri per coprirsi dal rischio euro

Se il 2017 è ricco di insidie per l’area Euro e la valuta comunitaria, una possibile forma di copertura per l’investitore è rappresentata dall’acquisto di valuta estera forte, ad esempio tramite obbligazioni denominate nella divisa desiderata. Nel caso di shock che possono colpire l’euro la divisa principe che dovrebbe beneficiarne è il franco svizzero, da sempre considerato bene rifugio alla stregua dell’oro.

L’investimento in obbligazioni denominate in franchi svizzeri comporta però oggi un costo vero e proprio per chi decide di posizionarsi su questo sottostante, poiché la curva dei tassi di interesse in franchi è negativa sino a dieci anni circa di scadenza. Da un lato la politica monetaria della Snb, dall’altro lato il costante pressing verso strumenti di hedging da eventi estremi che possono colpire la divisa europea in particolar modo nella attuale fase, detenere bond in franchi evidenzia rendimenti negativi. In sostanza, chi investe in obbligazioni in franchi deve sperare che il cambio si rafforzi in modo non marginale, in caso opposto avrà alla scadenza del bond meno capitale rispetto a quello impiegato. Trattasi quindi di una sorta di premio assicurativo, dove l’interesse negativo rappresenta il costo per l’investitore di avere in mano un sottostante che in caso di shock sull’euro tenderà a dare grosse soddisfazioni, in linea di principio.

Su EuroMot e EuroTlx è listato un bond denominato in franchi emesso da Banca Intesa, con scadenza aprile 2018. L’obiettivo di questa analisi è capire quanto costa tale protezione valutando il rendimento a scadenza in valuta locale e il punto da cui l’operazione può diventare profittevole, in termini di oscillazione del cambio euro-franco svizzero.

Il bond in oggetto abbiamo detto offrire un rendimento a scadenza negativo in valuta locale, appunto i franchi svizzeri, e l’elemento di upside è costituito esclusivamente dalla dinamica del tasso di cambio. La redditività è quindi negativa solo nel caso in cui l’euro riuscisse a consolidare o a rafforzarsi rispetto agli attuali livelli rispetto al franco, mentre in caso di dissesto dell’area Euro il franco si rafforzerebbe in modo consistente rispetto alla valuta comunitaria, portando l’operazione nettamente in positivo. Attualmente, in valuta locale, il bond rende in termini lordi -0,56%, che in termini netti scende a -1,15% annuo, con un prezzo di acquisto pari a 103,32.

Supponendo un investimento di 10 mila franchi odierni, al cambio di 1,064 contro euro, l’incasso della prossima cedola e di quella staccata sulla scadenza di aprile 2018 non riescono a bilanciare il costo di acquisto ben sopra la pari e il rateo maturato dalla cedola in corso. Questo ovviamente a parità di tasso di cambio, cioè supponendo che anche a scadenza il cross sia sul livello di 1,064. Se invece il cambio si attestasse a scadenza a 1,05 le cose iniziano a cambiare, poiché da quel punto in avanti il rendimento (per l’investitore che ragiona in euro) inizierà a diventare positivo. Nel caso che il cambio si apprezzasse particolarmente, ad esempio portandosi sulla parità, il rendimento salirebbe a +4,21% netti su base annua.

Chi acquista oggi il bond parte quindi con una penalizzazione, rappresentata dal rendimento negativo, ma in caso di particolari tensioni sui mercati contro l’euro l’operazione si potrebbe tramutare in un buon affare, grazie alla dinamica attesa del cambio, andando a compensare la perdita probabile su altri asset in portafoglio. Analisi del rischio. Se il rischio di credito è sotto controllo per via dell’affidabilità dell’emittente, anche il rischio di liquidità è basso, considerato il doppio listing su EuroTlx e Mot. Lo spread denaro-lettera è prossimo allo 0,5%. Del tutto assente il rischio duration per via della scadenza corta, mentre tutto si gioca appunto sul fattore tasso di cambio. In caso l’opzionalità della disfatta dell’euro non si concretizzasse, supponendo che il cambio si riporti anche solo attorno a 1,10, il rendimento netto dell’operazione scenderebbe a -3,92% annuo (-4,5% sull’intero periodo di investimento). Bisogna insomma sperare che tutto vada male, per far si che la strategia divenga redditizia, ed infatti è da interpretare esclusivamente come hedging, a cui eventualmente attribuire un giusto peso in portafoglio.

Ma piuttosto che acquistare un bond (con relativi costi di negoziazione, bollo titoli, rischio quotazione etc.)  è preferibile acquistare direttamente valuta. Lo puoi fare operando sul Forex (scegliendo intermediari con basse commissioni come ETX Capital), oppure aprendo direttamente un conto in Svizzera in franchi svizzeri.

venerdì 10 marzo 2017

Il Bitcoin vale più dell'oro

Come l’oro, il Bitcoin si estrae. Le miniere in questo caso sono dei supercomputer che, attraverso una speciale tecnologia (blockchain) sfornano ogni giorno nuove sequenze numeriche che oggi valgono, fuori di metafora, oro. Anzi più dell’oro. Perché ieri il valore di un Bitcoin ha raggiunto il record di 1.268 dollari, sorpassando il prezzo dell’oro, scambiato a 1.223dollari l’oncia. Il 3 marzo 2017, quindi, per i crescenti amanti delle criptovalute segna una tappa importante.

Ma le analogie con l’oro al momento finiscono qui. Sostenere infatti che ad oggi il Bitcoin rappresenti una valida alternativa agli strumenti finanziari che proteggono dall’inflazione (come l’oro) è alquanto prematuro. Perché la criptovaluta più utilizzata del momento (non è certo l’unica, un’altra che “piace” , seppur meno utilizzata, è Ethereum) ha nell’estrema volatilità (già nel 2013 aveva superato i 1.000 dollari per poi crollare sotto i 400) e nella scarsa liquidità (il mercato dei Bitcoin è stimato in 20 miliardi, quello dell’oro ne vale 7mila) due punti di debolezza che ad oggi non reggono il paragone con il metallo giallo.

Certo, dopo che nel 1971 il presidente Usa Richard Nixon sganciò la convertibilità del dollaro in oro il mondo delle valute è profondamente cambiato. Siamo entrati nell’era delle fiat currency, il cui valore non è più agganciato a una materia prima, ma alla forza del governo di imporla come strumento per la riscossione delle tasse.
In questa nuova era sta provando a imporsi una moneta digitale che trova la sua forza (e il suo fascino) dal fatto che alle spalle non ha una banca centrale. E per ironia della sorte, il Bitcoin deve questa sua ultima fiammata (+33% da inizio anno) proprio al tentativo di una banca centrale, la People’s Bank of China, di limitarne l’uso. La Cina - dove si estrae oggi il 50% dei Bitcoin - teme una fuga di capitali. Da inizio anno ha varato una serie di misure per frenare i trasferimenti di capitali all’estero, attuando una stretta anche sul trading della criptovaluta. Ma l’effetto è stato quello di rendere il Bitcoin di cui si stima l’ultima sequenza verrà estratta nel 2040 - una merce ancora più preziosa.

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mercoledì 8 marzo 2017

Iscrizione AIRE e tasse capitali all'estero

Nell’articolato mosaico della lotta all’evasione alla fine tutto si lega. Così a scorrere il provvedimento con cui l’agenzia delle Entrate ha stilato l’elenco di tutti i fattori di rischio per arrivare a mettere sotto controllo chi fa finta di vivere all’estero ma, in realtà, se ne resta in Italia sfruttando solo la tassazione più vantaggiosa oltreconfine, si intravede come un assist arrivi anche dallo spesometro.

Per la partenza della campagna di controlli sulle finte residenze all’estero l’amministrazione finanziaria ha annoverato come indicatore anche le operazioni rilevanti sotto il versante Iva. Detto in altre parole tutte fatture emesse o ricevute, quelle che vengono comunicate appunto con lo spesometro. Una comunicazione che da quest’anno subisce un restyling notevole visto che, almeno stando alle leggi ora in vigore (e appena ritoccate dalla conversione del decreto Milleproroghe), sarà più frequente visto che diventa semestrale con la prospettiva di diventare trimestrale, sempre che non intervengano modifiche.

lunedì 6 marzo 2017

Sterlina al ribasso nel 2017

Occhi puntati sul cable questa settimana, che chiude le contrattazioni a ridosso di 1,2230 dollari. La sterlina inglese contro il dollaro americano ha infatti registrato una fase di down trend molto significativa a causa della rottura ribassista, a 1,2420 dollari, della trend line rialzista che sosteneva il cambio dal minimo del 19 gennaio segnato a 1,2253 dollari. Il cable si trova ora ad uno spartiacque molto interessante.

Il cambio, nelle prossime sedute, ha due possibilità: il primo caso è quello che prevede un arresto della discesa attualmente in corso per fare ritorno su 1,2460 dollari, ossia il ritest della trend line discendete precedentemente rotta. Difficilmente, in questo contesto economico, il cambio potrà allungare oltre 1,2460/1,25 dollari, anche perché in quell’area transita una trend line discendente che funziona da resistenza dinamica.

Ad ogni modo, nella remota ipotesi che questo possa accadere il target successivo 1,2850 dollari. L’altra opzione è ovviamente quella di un proseguo della discesa in corso, con primo target short a 1,2050 dollari in corrispondenza del minimi del 16 gennaio scorso. Nell’eventualità che il cambio vada a rompere i minimi sopraccitati potrebbe partire una svalutazione della sterlina in grado di riportare le quotazione anche ad 1,15 dollaro sul medio termine.

I fondamentali d’altronde non escludono assolutamente questa possibilità. Nonostante la Camera dei Lord inglese, questa settimana, abbia respinto il tentativo del governo d’introdurre un visto d’entrata in Gran Bretagna per i cittadini della comunità europea, la marcia per far scattare l’articolo 50 prosegue spedita. Il primo ministro inglese Theresa May vorrebbe istituzionalizzare l’uscita dall’Ue entro la fine di marzo. In ogni caso, la decisione del popolo inglese è stata presa e, almeno sulla carta, la moneta britannica è destinata ad un ripiegamento delle quotazioni.

Fino a che punto è difficile stabilirlo, anche perché l’uscita di una paese dall’Unione Europea è una novità assoluta. Il fattore da cui non si potrà prescindere per i prossimi mesi è sicuramente la volatilità che si presenterà sul cambio, e che potrebbe mettere in crisi gli stop loss degli operatori retail.

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