mercoledì 11 novembre 2015

Cambio euro dollaro verso la parità? Quando?

_________________________________________________________

ISCRIVITI PER RIVECERE IN OMAGGIO L'EBOOK CON LE MIE 3 STRATEGIE PREFERITE PER GUADAGNARE SUL FOREX

Email:
Il cambio Eur/usd sarà fortemente influenzato dalle prossime decisioni del presidente della Bce, Mario Draghi, e della sua collega americana, Janet Yellen. Per questo questa coppia rimane al centro dei traders del Forex anche in questo periodo (operaci tramite Etx , il broker che offre le migliori condizioni di spread su questa coppia di valute).

Per prevedere le prossime decisioni dei due banchieri centrali (il 3 dicembre tocca alla Bce, il 16 la palla passa alla Federal Reserve) bisogna tenere presenti non soltanto i consueti dati macro ma anche i nuovi equilibri globali che si stanno profilando a livello geopolitico. In questa partita ci sono due spettatori, uno attivo, la Cina, e uno passivo, gli altri Paesi emergenti.

Questi ultimi, nel caso in cui la Fed il mese prossimo dovesse aumentare il costo del denaro per la prima volta dal giugno del 2006, mettendo fine alla politica dei tassi zero avviata nel dicembre 2008, rischierebbero di soccombere sotto il peso del dollaro forte, visto che sono molto indebitati in questa valuta. Non per niente, a settembre la Yellen aveva giustificato il mancato rialzo con i rischi legati a questi Paesi. In quell’occasione aveva citato in particolare la Cina, che tuttavia, dalla sua posizione di seconda economia mondiale, ha la capacità di prendere adeguate contromisure.

Venerdì 6 novembre sono stati diffusi gli attesissimi dati sull’occupazione Usa, che sono andati meglio del previsto. Tra gli investitori le probabilità di un aumento dei tassi il mese prossimo sono subito salite al 70% dal 58% del giorno precedente. E in effetti, a prima vista, i numeri sono stati ottimi: a ottobre i posti di lavoro sono saliti di 271 mila unità, ben oltre i previsti 182 mila, mentre il tasso di disoccupazione è sceso al 5%, al livello più basso dall’aprile 2008, quando non era ancora scoppiata la bomba Lehman Brothers. Anche i salari sono aumentati più delle attese, del 2,5% su base annua.

Di conseguenza il dollaro si è rafforzato toccando i massimi da dicembre 2002 sull’euro, sceso fino a 1,0708. La moneta unica sembra quindi avviata verso la parità con il dollaro. Obiettivo mai esplicitato dalla Bce, ma in cuor suo auspicato. Altrimenti non si capirebbe perché Draghi abbia creato le premesse per un rafforzamento del Qe il mese prossimo, magari accompagnato da un taglio dei tassi sui depositi dal -0,20 al -0,30%.

Le aspettative al riguardo sono tali che se l’istituto di Francoforte dovesse deluderle con una minima variazione del piano di acquisto di bond, che ora procede al ritmo di 60 miliardi di euro al mese, la delusione dei mercati sarebbe grande. Ma se Draghi pensasse che la Yellen è decisa ad aumentare i tassi due settimane dopo, allora potrebbe essere tentato di non toccare il Qe, limitandosi a rilasciare dichiarazioni da colomba del genere «siamo pronti a fare di più qualora fosse necessario».

Questo perché il rialzo dei tassi Fed porterebbe comunque l’euro verso la parità. Se il rialzo della Yellen fosse preceduto dal lancio di un Qe plus della Bce, l’euro rischierebbe di svalutarsi troppo, scendendo sotto la parità. O meglio, il dollaro si rafforzerebbe al punto da mettere in difficoltà i Paesi emergenti, ostacolando la ripresa Usa e aumentando inoltre i rischi di deflazione.

La soluzione ottimale sarebbe: lancio del Qe plus della Bce mentre la Fed rimanda ancora una volta il rialzo dei tassi. Ma c’è il rischio che i dati migliori delle attese incoraggino i sostenitori dell’aumento del costo denaro, convinti, tra l’altro, che, questo aiuti a mantenere la credibilità della Fed. Di aumento dei tassi entro la fine dell’anno si è infatti parlato troppo, rinunciarvi sarebbe uno smacco. Stesso discorso per il Qe plus della Bce. Insomma, c’è il rischio che per mantenere la parola data, la Fed e la Bce facciano un errore dietro l’altro. In ogni caso, l’euro sembra destinato alla parità con il dollaro, a meno che Draghi rinunci a rafforzare il Qe e la Fed rinvii ancora una volta il rialzo dei tassi.

Questi sono ragionamenti sul breve termine, purtroppo gli unici che interessano agli investitori. Ampliando l’orizzonte, a favore di un rialzo dei tassi da parte della Fed c’è il fatto che sette anni di tassi zero rischiano di provocare danni irreparabili. Come hanno sottolineato l’economista Paolo Savona e il gestore di Janus Capital, Bill Gross, rendimenti nulli o addirittura negativi sugli investimenti in titoli di Stato provocano l’eutanasia del risparmiatore e rischiano di far saltare il sistema pensionistico. Alla lunga la politica dei tassi rasoterra, appiattendo la curva dei rendimenti, toglie qualsiasi incentivo a investire nel lungo termine.

Le prospettive di breve e lungo termine devono poi essere collocate entro un quadro più ampio, che comprende i rapporti geopolitici. Le relazioni tra gli Usa e l’Europa trovano la loro metafora nelle politiche monetarie della Fed e della Bce. La Yellen e Draghi si comportano come una coppia d’altri tempi: anche quando i due governatori annunciano politiche monetarie a prima vista opposte, rappresentano strumenti addirittura complementari. Fanno parte di un disegno unitario, come sono inseparabili le economie delle due sponde dell’Atlantico. Questo anche volendo trascurare, se non fossero ancora più forti, i legami politici, militari e strategici rappresentati dal Trattato del Nord Atlantico.

Ed ecco che cosa dovrebbe succedere per arrivare al migliore risultato possibile: se il mese prossimo la Yellen aumenterà i tassi, il cambio tra euro e dollaro nei 12 mesi successivi dovrebbe scendere a 0,95 dollari. Il rafforzamento del Qe della Bce servirebbe invece a far uscire l’Eurozona dalla morsa della deflazione: a ottobre l’indice è stato pari a zero, distante anni luce dall’obiettivo del 2%. L’unico modo per aumentare i prezzi interni nell’area dell’euro, considerando gli stringenti vincoli posti ai deficit pubblici e le politiche di severità salariale volte a migliorare la competitività esterna, è rappresentato dalla svalutazione del cambio e dal conseguente aumento dei prezzi all’importazione. I tassi negativi sui depositi presso la Bce e la immissione di liquidità sono gli strumenti necessari per sollecitare il deflusso di capitali dall’Eurozona e la conseguente svalutazione. L’effetto delle dichiarazioni di Draghi sul cambio dell’euro è stato istantaneo: giovedì 22 ottobre, nel corso della conferenza stampa in cui annunciava la possibile estensione del Qe a dicembre, il cross sul dollaro è passato da 1,132 ad 1,117.

C’è poi una seconda ragione per svalutare l’euro: sulla base dell’impostazione tedesca, una sana crescita economica dell’Eurozona deve fondarsi sulla capacità di competere sui mercati internazionali, e l’assorbimento della disoccupazione deve derivare dalla domanda estera. Purtroppo, per quanto riguarda l’economia dell’Eurozona, il rallentamento della crescita cinese, la crisi dei Paesi emergenti e la contrazione ai minimi dei prezzi delle materie prime e del petrolio hanno vanificato gli effetti positivi attesi dalla svalutazione dell’euro: cioè importare inflazione e sostenere l’export. Di converso, per quanto riguarda gli Usa, da più di un anno la Cina non reinveste più i suoi attivi commerciali in titoli del debito pubblico statunitense, e anzi più volte è parsa agire per venderli. Se dunque già da parecchi trimestri molti capitali hanno lasciato l’area dell’euro per investire in dollari, questa tendenza si rafforzerà quando i tassi americani saliranno, come è dichiarata intenzione della Federal Reserve.

Occorre dunque insistere, con una strategia sinergica: sia con il rafforzamento del Qe da parte della Bce sia con l’innalzamento dei tassi da parte della Fed. L’immissione di altra liquidità in euro e il contestuale aumento dei tassi sul dollaro agevoleranno contestualmente la svalutazione dell’euro e il carry trade (l’investimento a leva) verso l’area del dollaro. Tutto ciò è coerente con un disegno in cui l’Europa subentra alla Cina nel finanziamento del debito pubblico americano e del suo disavanzo commerciale, e magari di tanti crediti in dollari nei confronti dei Paesi emergenti. Questo mentre la svalutazione dell’euro avvantaggerebbe l’export dell’Eurozona e il conseguente surplus verrebbe reinvestito negli Usa: l’interdipendenza tra le due aree economiche diverrebbe ancora più forte, divenendo il miglior viatico per l’approvazione del Trattato Transatlantico per la liberalizzazione dei servizi e la protezione degli investimenti. In questi termini, la penalizzazione di cui l’economia americana soffrirebbe nei confronti dell’industria europea sarebbe ampiamente compensata dall’apertura alla concorrenza del settore dei servizi, che rappresentano un punto di forza dell’economia statunitense e più in generale anglosassone.

Questo schema sarebbe subito vantaggioso per entrambi, Usa ed Eurozona, e soprattutto ben bilanciato in prospettiva. Sembra tutto ben congegnato, se non ci fosse l’incognita cinese: se lo yuan si allineasse all’euro, svalutandosi a sua volta sul dollaro, i giochi si riaprirebbero. Gli sforzi dell’Europa volti a recuperare competitività deflazionando i salari e svalutando sarebbero vanificati.
Gli Usa, a loro volta, tornerebbero ad avere un disavanzo commerciale difficilmente sostenibile e forse anche il dollaro sarebbe compromesso nella sua solidità. Le banche europee si troverebbero di fronte al rischio di accollarsi le perdite di una nuova bolla del credito americano. Pechino ha riserve valutarie rilevanti, si sente circondata per via dell’Accordo Trans Pacifico, e ha già reagito con la decisione di abrogare la legge sul figlio unico per rilanciare la sua economia su basi sane, quelle demografiche. La partita è aperta, nessuno ha mai in mano tutte le carte del mazzo.

Cosa fare in sintesi

Monitora quindi le decisioni delle Banche Centrali pronto a entrare long o short sul cambio. Posizione attuale: short. Utilizza Etx per minimizzare i costi di negoziazione.

_________________________________________________________

ISCRIVITI PER RIVECERE IN OMAGGIO L'EBOOK CON LE MIE 3 STRATEGIE PREFERITE PER GUADAGNARE SUL FOREX

Email:

_________________________________________________________

ISCRIVITI PER RIVECERE IN OMAGGIO L'EBOOK CON LE MIE 3 STRATEGIE PREFERITE PER GUADAGNARE SUL FOREX

Email:

0 commenti:

Posta un commento