lunedì 30 marzo 2015

Banche centrali e Forex. Come investire nel 2015

Nel 2015 le banche centrali avranno un ruolo determinante nello sviluppo del quadro macroeconomico e finanziario. Federal Reserve, Bank of England, Banca Centrale Europea e Bank of Japan si sono progressivamente concentrate su obiettivi complementari, quali la crescita, l’occupazione, la stabilità dei prezzi, più interni alle regioni di loro principale influenza. La naturale conseguenza è quella di avere politiche monetarie che si muovono su dinamiche diverse e in modo asincrono.

“L’andamento delle valute e certi trend quali il rafforzamento del dollaro americano o l’indebolimento dello yen ne sono la naturale conseguenza – spiega Monica Defend, global strategist di Pioneer Investments – Bisogna ricordare che le banche centrali influenzano anche le dinamiche di offerta e domanda dei titoli governativi. Quest’ultimo elemento, che riteniamo rilevante, influisce in modo sostanziale anche nelle nostre previsioni, delineando un progressivo rafforzamento del dollaro fino quasi alla parità verso l’euro”. Per un investitore europeo, ci sono altre valute da “giocare” oltre il dollaro? L’inflazione a livello globale è molto bassa, se confrontata alle medesime fasi passate del ciclo economico.

Di recente ciò ha portato le stesse banche centrali ad adottare misure di politica monetaria inattese dagli investitori. Di conseguenza, costruire un basket di cambi giocandosi il tema dell’inflazione può rivelarsi una scelta vincente. Per esempio, assieme al dollaro statunitense, anche la sterlina, il peso messicano e la rupia indiana sono appetibili. Le ultime due valute offrono inoltre un discreto differenziale sui tassi di interesse che protegge dall’eventuale movimento avverso del tasso di cambio.

Quali invece i cambi da cui stare lontano?

Le valute più rischiose rimangono quelle correlate ai prezzi dei beni primari, come dollaro australiano o canadese. Per esempio, a gennaio la Bank of Canada ha inaspettatamente tagliato il tasso di sconto e un ulteriore intervento espansivo è previsto nel corso dell’anno, nonostante la crescita economica e l’inflazione siano previsti a target dalla stessa istituzione. Perciò fino a quando il trend ribassista di petrolio e metalli non sarà definitivamente corretto, consigliamo di non prendere posizioni lunghe strutturali. Quello dei cambi rimane un mercato molto volatile.

Come tutelarsi al meglio?

Le valute sono storicamente una classe di attività volatile, anche se le banche centrali hanno de terminato dei trend abbastanza persistenti. In ogni caso crediamo che i cambi vadano sempre in seriti in un contesto di portafoglio e di diversificazione del rischio. Per questo motivo è molto importan te affidarsi a gestori professionali che dispongono di informazioni e strumenti che consentono attuare scelte oculate e, se è il caso, porre in essere le opportune stra tegie di copertura (hedging) per far fronte a situa zioni di crisi.

Guardando invece agli strumenti, quali sono a vostro avviso i prodotti più adatti per investire nelle valute? Il panorama di strumenti per investire nelle valute è ampio e variegato e comprende anche fondi comuni di investimento specializzati su quella che è ormai diventata una vera e propria asset class. Come dicevo prima si tratta di attività altamente volatili, a cui consigliamo di avvicinarsi solo dopo essersi confrontati con il proprio consulente o promotore e, in ogni caso, nell’ambito di un portafoglio ben diversificato.

mercoledì 25 marzo 2015

Euro dollaro ai minimi. Su che valuta puntare?

Target di 1,08 dollari a por tata di mano per l’euro/ dollaro. Con il buon dato macro del Non Farm Payroll, pubblicato venerdì scorso, il cambio ha definitivamente abbandonato il rettangolo che comprimeva i prezzi dalla fine gennaio andando a chiudere la settimana a ridosso di 1.,0875 dollari. L’Us Bureau of Labor Statistics (Bls) ha comunicato che, nel mese di febbraio, so- no stati creati, nei settori non agricoli, 295 mila nuovi posti di lavoro, dato ben superiore alle aspettative del consensus (+235 mila).

Solitamente il mese di febbraio aveva portato a numeri non particolarmente brillanti legati anche alle proibitive condizioni climatiche di alcuni stati che rallentavano le assunzioni. Invece, i nuo- vi posti di lavoro hanno quasi raggiunto le 300 mila unità, portando la media degli ultimi 12 mesi a +266 mila. Il tasso di disoccupazione è sceso al 5,5% (attese al 5,6%) e il tasso di partecipazione al lavoro ha registrato una leggera flessione dal 62,9% al 62,8%. A contribuire alla rottura ribassista del rettangolo dell’euro/dollaro però ci ave- va già pensato Mario Draghi, nella riunione di giovedì scorso a Cipro.

Il governatore, dopo aver mantenuto i tassi invariati, ha infatti spiegato le modalità con cui da lunedì comincerà gli acquisti dei titoli di stato, facendo scendere il cambio, per la prima volta da agosto 2003, sotto 1,10 dollari. Nel brevissimo periodo ci sarà probabilmente un ritorno su area 1,0950 dollari finanche 1,11 dollari, salvo poi cominciare la discesa.

Assunto che oramai l’economia americana sembra essersi ripresa definitivamente (conferma ultima si avrà con il dato dell’inflazione), l’attenzione degli operatori si è spostata sul timing con il quale la Federal Reserve rialzerà il suo tasso d’interesse. Una tale manovra da parte delle autorità prima di giugno (mese accreditato dalla maggior parte degli operatori per il prossimo rialzo dei tassi), potrebbe portare a una svalutazione ancora più importante della valuta europea, tanto che alcuni cambisti par- lano addirittura di parità tra i cambi.

Per i trader «retail», è consigliabile non addentrarsi in operazioni di medio periodo sul cambio, ma è anzi auspicabile seguire il movimento giorno dopo giorno con magari una size ridotta ed uno stop sempre in macchina. Sterlina/dollaro Usa. Molto interessante il movimento settimanale del cable che ha praticamente annullato il rialzo del mese di febbraio. Il cambio è infatti passato dal massimo relativo di 1,55 dollari alla chiusura dell’ottava a ridosso di 1,5050 dollari. Il movimento si è fermato ad un soffio dal supporto di medio periodo (e soglia psicologica) a 1,50 dollari. Nell’eventualità che il supporto non regga si apre la possibilità per il cable di raggiungere un target ribassista individuato a 1,4820 dollari, corrispondente al minimo dell’8 luglio 2013 e dell’11 marzo 2013. Dollaro Usa/Lira turca. Settimana di tensione per il cambio dollaro americano contro lira turca.

La valuta di Istanbul, già caratterizzata da una debolezza intrinseca causata dalla lotta intestina tra il governo e la banca centrale sulla politica monetaria da attuare, durante questa ottava ha patito particolarmente la forza del dollaro raggiungendo un massimo storico a quota 2,6475 lire. Il cambio, nei con- fronti del biglietto verde, si è indebolito da inizio anno di oltre il 10%.

Tecnicamente però il movimento al rialzo del cambio è cominciato nel gennaio del 2013, quando il dollaro/lira ritracciò il supporto statico di medio periodo (tutt’ora valido) individuato in area 1,7514 lire. Nel breve/me- dio periodo, il supporto valido risulta essere in area 2,05/2,10 lire in corrispondenza dei mi- nimi relativi di fine maggio 2014. Dopo aver ritestato tale supporto nel luglio del 2014, ha avuto inizio un forte movimento rialzista che ha rotto la resistenza posta in area 2,40 lire (adesso diventata supporto di brevissimo) andando a segnare i nuovi massimi storici. Operatività molto complicata per le prossime sedute a causa della forte volatilità e alla mancanza di precedenti riferimenti grafici.

Decisamente più semplice l’operatività sull’euro contro lira turca. Il cambio ha chiuso la settimana a ridosso di 2,86 lire sulla resistenza costruita con il massimo relativo del 7 dicembre 2014. Per le prossime sedute è probabile che il cambio prenda un attimo fiato intorno a quest’area per poi andare a cercare il test della resistenza di medio periodo (molto importante) in area 2,92 lire.

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lunedì 23 marzo 2015

Previsioni franco svizzero–euro 2015

Il 15 gennaio la Banca Nazionale Svizzera ha sorpreso gli investitori ponendo fine agli interventi sul mercato valutario e di fatto eliminando il limite minimo al cambio del franco con l’euro. Alida Carcano, responsabile investimenti e presidente di Valeur Gestion, ricorda che la mossa della Bns era inevitabile: dopo anni di andamenti fortemente divergenti tra l’economia svizzera e quella europea le regole di mercato dovevano prima o poi prevalere.

«I mercati hanno dimostrato che le banche centrali possono indirizzare i movimenti valutari nel breve periodo ma non controllarne il valore di medio lungo periodo. Con l’autorità elvetica il mercato valutario ha perso uno dei più grandi compratori di euro. Infatti a fine 2014 gli investimenti in euro rappresentavano il 46% del bilancio della Bns, che negli ultimi tre anni si era gonfiato esponenzialmente», aggiunge Carcano.

Le conseguenze per l’economia svizzera sa- ranno tendenzialmente negative nel breve termine, soprattutto sui versanti della crescita economica e degli utili societari. «Questi ultimi subiranno un duplice impatto negativo: da un lato l’effetto di conversione dei proventi generati all’estero in valute più deboli del franco svizzero, dall’altro l’effetto del disallineamento tra co- sti e ricavi», aggiunge Carcano.

«Le imprese quotate in Svizzera e facenti parte dello Smi (Swiss Market Index, ndr) generano ben il 93% dei propri utili all’estero. Ubs ha stimato che, ipotizzando una rivalutazione del franco del 17% nel 2015, gli utili delle società dello Smi dovrebbero diminuire del 18% circa». I settori che più accuseranno il colpo saranno il farmaceutico, i beni di lusso e il comparto finanziario, i cui costi a bilancio in franchi svizzeri storicamente superano di molto le entrate in franchi».

Tuttavia le società svizzere hanno storicamente mostrato una straordinaria capacità di recuperare in tempi brevi i propri margini di redditività grazie in particolare a miglioramenti di produttività. «Se ad esempio guardiamo il grafico dell’azione Nestlé negli ultimi 15 anni, vediamo che il franco si è fortemente rivalutato ma il titolo ha comunque performato benissimo: gli investitori euro- pei che hanno comprato Nestlé hanno ben guadagnato non solo sul ti- tolo azionario ma anche sul cambio», fa notare Carcano. «A nostro giudizio an- che questa volta, al di là degli effetti che vedremo sui bilanci di quest’anno, già dal 2016 la situazione si normalizzerà».

Quotazioni franco svizzero 2015

Partendo dal presupposto che il franco svizzero si attesterà tra 1 e 1,05 nei prossimi mesi contro euro, «riteniamo quindi che il mercato azionario svizzero rappresenti un’opportunità di acquisto alla luce della recente correzione», con- clude Carcano. «Privilegiamo le società di qualità, a grande capitalizzazione, che posseggono liquidità e pagano dividendi elevati; soprattutto queste ultime possono sfruttare la forza del franco per avvia- re operazioni di M&A, in particolare negli Stati Uniti, e quindi consolida- re la propria posizione competitiva. Gli alti dividendi rappresentano un’assicu- razione per gli investitori, soprattutto in un contesto di rendimenti del compar- to obbligazionario negativi o comunque particolarmente contenuti. Fra i titoli che consiglierei cito Roche, Nestlé, Holcim e Lonza»

Attenzione: se hai banconote o un conto in franchi svizzeri devi dichiarare in guadagni ottenuti con il cambio. Leggi qui come dichiarare guadagni in franchi svizzeri.

giovedì 19 marzo 2015

Tornare a puntare sul dollaro dopo QE

Ripartono le scommesse sul dollaro I listini europei proseguono la corsa. Attese per un ritorno dell’euro oltre 1,14 La scorsa settimana i mercati europei hanno proseguito il rialzo, senza disturbo dalle ostilità tra Unione europea e Atene, per il momento appianate; le azioni dell’Eurostoxx hanno così raggiunto un saldo del 14% da inizio anno e le quotazioni dei titoli di Stato sforano continuamente i massimi storici.

La tensione si è sciolta ancora di più quando la Banca Centrale Europea si è detta pronta a riaccettare i titoli di debito greci a garanzia dei prestiti. Inoltre, il 5 marzo prenderà avvio il “Quantitative Easing” della Bce, che consiste nella stampa di 60 miliardi di euro al mese a fronte dell’acquisto di obbligazioni; l’occasione è un’opportunità di guadagno sul rincaro delle emissioni che rientreranno nell’operazione, scelte in proporzione al peso dei Paesi nel capitale dell’autorità monetaria. Per questo motivo il rendimento del Bund tedesco decennale a scadenza, schiacciato dal prezzo, è diminuito sotto lo 0,3%; quello del BTp a 1,35%.

Alla bonanza nel Vecchio Continente, si è unita la dichiarazione di Janet Yellen, presidente della Federal Reserve, ritenuta abbastanza accomodante dagli investitori: la Fed alzerà i tassi quando i dati macro (soprattutto la crescita dei salari), richiederanno una politica monetaria più ferma e dopo aver sostituito la parola “flessibilità” a “pazienza” nelle linee guida adottate dal comitato che prende le decisioni. Dunque, non prima dell’estate, con tutta probabilità. In mancanza di un imminente stretta sui tassi, il dollaro non si è mosso e i Treasury sono risultati meno appetibili solo sulle durate biennali, mentre le emissioni a tre mesi hanno addirittura attratto più consensi.

Giovedì, però, l’industria Usa ha dato segni evidenti di vitalità con il rimbalzo di ordini di beni durevoli e l’inflazione americana sui beni principali (che esclude l’effetto deprimente del ribasso del petrolio) si è mostrata tonica: all’1,6% su base annua e a +0,2% (da +0,1%) a gennaio. In realtà, il carovita non ha cambiato ritmo, ma non si vede neppure il contagio della disinflazione europea temuto dalla Fed. Motivo in più per ripartire con le scommesse sul rafforzamento del dollaro e prendere beneficio dal ritorno dell’euro sopra quota 1,14. Giovedì la moneta unica ha ceduto valore sotto 1,12 contro il biglietto verde.

lunedì 16 marzo 2015

A quando il cambio euro dollaro a 1?

Adesso, con l’euro scivolato in due sedute a 1,10 sul dollaro, ossia a livelli che gran parte degli economisti preconizzavano per fine 2015, sarà interessante vedere quali nuove previsioni sforneranno gli esperti. Conoscendo l’attitudine degli operatori a piegare la loro visione del futuro alla tirannia del presente (il mercato), non stupirebbe vedere nuovi obiettivi di prezzo a 1, ossia la parità già per i prossimi mesi: con gran soddisfazione di Goldman Sachs, che quel livello per prima aveva additato, sebbene per fine 2016. Non è detto che l’euro non possa scivolare ancora di qualche punto: perché i mercati sono soliti esasperare le tendenze o perché, come ha fatto notare lo strategist di SocGén, gli operatori cercano «disperatamente» di portare l’euro sotto 1,1 per far scattare ancora più pesanti vendite da chi ha scommesso con le opzioni.

Ciò nonostante, ci sono buone probabilità che la valuta comune possa risalire e trovarsi sopra 1,1 per fine anno. Nella seduta di ieri, è stato l’euro a indebolirsi e non il dollaro a rafforzarsi. E che differenza fa? Fa differenza, perché ieri si sono venduti euro non appena Mario Draghi ha fatto capire che non acquisterà titoli con rendimenti negativi sotto la soglia del -0,20% (pari al tasso sui depositi): nella fattispecie Bund a 2 e 3 anni, il cui rendimento, non a caso, è risalito di qualche punto oltre quella soglia. Siccome quel movimento era iniziato 6 giorni fa, si può immaginare che qualcosa fosse trapelato da Francoforte.

Non si può dire invece che il dollaro sia stato acquistato con la stessa veemenza con cui s’è venduto l’euro: perché la valuta americana s’è mossa di poco sullo yen e soprattutto perché, dalla prima mattinata a pomeriggio già inoltrato, dunque ben dopo le parole di Draghi, lo yen s’è mosso in controtendenza con l’euro. Chi opera sulle valute scommette, da un lato, che l’euro s’indebolisca per effetto del quantitative easing della Bce e, dall’altro, che il dollaro si rafforzi perché la Fed alzerà i tassi d’interesse in estate o poco dopo. Il primo fattore è incontestabile, sebbene vada notato che gli effetti dei Qe su tassi e valute si manifestano prima dell’avvio ufficiale dell’operazione (lunedì) per una sorta di “naturale” front running, ossia l’opportunità di precedere l’intervento della banca centrale.

Il secondo è invece molto incerto, perché non è detto che la Fed decida d’invertire rotta alla politica monetaria, in controtendenza con il resto del mondo e con un dollaro che, apprezzatosi del 22% dai minimi di 10 mesi fa, sta creando serie difficoltà alle aziende americane.

Fra due settimane, alla prossima riunione del Fomc, capiremo forse qualcosa di più. Intanto vale la pena di notare come il discorso di Draghi sia stato particolarmente apprezzato dai mercati che, oltre a scommettere contro la valuta, puntano al rialzo dei titoli di Stato dei Paesi periferici. Non a caso, ieri, euro da un lato e i rendimenti di Btp, Bonos e titoli portoghesi dall’altro, si sono mossi in perfetta sintonia. Il messaggio della Bce, nel porre un limite all’acquisto di titoli con rendimento negativo, è suonato a incoraggiamento dell’euro dei “poveri” .

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mercoledì 11 marzo 2015

Speculare su corona svedese e danese

Dopo che il mese scorso la Banca centrale svizzera ha abbandonato la valuta rossocrociata alla mercé dei mercati rinunciando al rapporto fisso di 1,2 franchi per un euro, gli speculatori si sono mossi alla ricerca di altri cambi fissi (o presunti tali) da scardinare. Il gioco è lo stesso che fece fare quattrini a George Soros nel 1992 quando saltarono la sterlina e la lira: scommettere che una Banca centrale si dichiari sconfitta e cali le brache. I cambi oggetto delle nuove scommesse sono quelli di corona danese e corona svedese con l’euro.

La prima è legata alla moneta unica da accordi internazionali. La seconda no (in teoria potrebbe andare dove vuole), ma visti i legami commerciali tra Svezia e Eurozona, viene artificialmente tenuta ancorata all’euro. E, infatti, a riprova di questo, la scorsa settimana anche la Riksbank, la Banca centrale svedese, ha deciso di acquistare titoli di Stato come la cugina guidata da Draghi per abbassare i tassi, rendere meno appetibile la corona e tenerla, così, più facilmente agganciata all’euro che affonda.
C’è chi mi chiede: che faccio coi miei bond svedesi dopo la decisione della Riksbank? Rispondo: non disfartene. Restano nei nostri portafogli. Non penso che la speculazione l’avrà vinta e, se anche così fosse, tu avresti da guadagnarne visto la tendenza dell’euro ad affondare e della corona a primeggiare. In secondo luogo la Svezia è pur sempre un Paese col blasone della tripla A. In tempi di bizze greche e guerriglie ucraine, son cose cui dare un giusto peso. Una quota di bond svedesi in portafoglio ha più che mai il suo perché: trai l’assicurazione che, se dovesse succedere qualcosa, un grande imprevisto, avresti comunque un riparo.

Visto quanto detto sopra i titoli in corone svedesi come Bei 2,75 % 13/11/23, Kingdom of Sweden 1,5 % 13/11/23 e Kingdom of Sweden 2,5 % 12/05/25 passano a mantenere. Per investire nella corona preferisci il fondo Nordea 1 swedish bond BP (295,61 corone svedesi) che, con una gestione attiva degli investimenti, meglio dovrebbe destreggiarsi tra gli alti e bassi dei tassi svedesi.

Scenario di investimento

La corona svedese perde terreno sull’euro Anche la Svezia ha ceduto alla moda dei tassi sottozero - oggi sono a -0,1 % - per mantenere la corona agganciata all’euro che promette di sprofondare. Il taglio dei tassi ha fatto scendere la corona svedese che ha perso, in un solo giorno, più dell’1,8 % sull’euro, passando da 9,46 corone per 1 euro di mercoledì scorso a 9,63 corone per 1 euro di giovedì, per chiudere la settimana a 9,589 corone per 1 euro (-1,14 % rispetto a sette giorni fa).

I prezzi dei bond svedesi sul mercato sono saliti e i loro rendimenti si sono ridotti (-12,3 %). Oggi un titolo di Stato svedese a 10 anni dà circa lo 0,4 % lordo annuo, lo 0,05 % al netto di tasse e spese di acquisto dello 0,5 %, un rendimento troppo risicato per consigliartene ancora l’acquisto. Meglio comprare un bond in dollari Usa, che ha rendimenti più elevati (2 % il titolo di Stato a 10 anni). Da questa settimana mantieni i bond svedesi che hai in portafoglio, ma non acquistarne più. Non è però il caso di venderli: la corona svedese resta un parcheggio sicuro per difendere i tuoi risparmi. La Grecia non è ancora “salva” e un altro fallimento della Repubblica ellenica potrebbe avere conseguenze negative sul futuro dell’euro.

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lunedì 9 marzo 2015

Forex, come investire sull’euro nel 2015

euroL’euro,  la nostra valuta di riferimento, sta attraversando una fase di debolezza alla vigilia del lancio del quantitative easing da parte della Bce: da maggio a oggi la moneta unica si è deprezzata del 20% rispetto al dollaro.
Ecco come muoversi con i propri investimenti in tre differenti scenari.

venerdì 6 marzo 2015

Truffe Forex e opzioni binarie. Come evitarle

Sono tante le società che su internet ti propongono guadagni stellari col forex o con le opzioni binarie o con i cfd. Ci hai chiesto di che si tratta, chi c’è dietro e se i guadagni sono reali. Ecco tutte le risposte.

Prodotti ad alto rischio

Diciamolo subito: investire in cfd, forex o opzioni binarie è a rischio altissimo. Se imbrocchi la scommessa, puoi anche guadagnare tanto, ma se va male puoi perdere tutto – sì, tutto – anche in pochi minuti. Per capire bene facciamo un esempio col forex, che ti permette di puntare sull’andamento delle valute.

Supponiamo che tu voglia scommettere 10.000 euro sul rafforzamento del dollaro sull’euro. Chi offre questi servizi ti dice: benissimo, vuoi investire 10.000 euro, ma per ora versane solo una parte, per esempio il 5 %, quindi 500 euro. Poi si vede come va. Se il dollaro si apprezza del 2,5 %, il guadagno non viene rapportato ai 500 euro scuciti, ma ai 10.000 euro iniziali: tu guadagni, quindi, 250 euro (il 2,5 % di 10.000 euro), che sui 500 euro effettivamente investiti fa un guadagno del 50 %! Bellissimo, ma se va male? Funziona anche al contrario: se l’euro si apprezza del 2,5 % – e può succedere anche in un giorno – tu perdi il 50 %.

Potresti dire: ma io aspetto e recupero. No! Qui sta l’inghippo: di solito con il forex non hai il tempo di aspettare. Le tue perdite, infatti, sono calcolate in ogni istante e se diventano rilevanti, per esempio il 70 %, la società ti chiede di ripianarle – occhio a non autorizzare addebiti diretti in carta di credito o conto corrente! Se non ripiani sei sbattuto fuori dal mercato, consolidando il rosso. Se ripiani devi scucire nuovo denaro con il rischio di entrare in un circolo vizioso.

I cfd hanno lo stesso meccanismo del forex, ma sono legati di solito a titoli azionari, mentre le opzioni binarie sono vere e proprie scommesse: ti dicono “se il dollaro entro questa data si apprezza di un tot guadagni il 70 %, se no perdi tutto”. Una vera roulette russa. Si fanno male in tanti In questo momento starai forse pensando: ma io riesco a controllare minuto per minuto la mia posizione e sono in grado di correre questi rischi e di azzeccare la direzione del mercato.

Non ti illudere: con questi prodotti, che sono i famosi derivati, persino i professionisti sono falliti – pensa ai fondi speculativi saltati a gennaio in seguito al forte apprezzamento del franco svizzero sull’euro. Inoltre, uno studio condotto dall’autorità di vigilanza dei mercati francesi ha rilevato che su 15.000 piccoli risparmiatori che hanno fatto trading in forex o cfd, circa il 90 % ha perso tutto quello che ha investito (tutto, il 100 %).

E non stiamo parlando di piccole scommessine: parliamo di una media di 10.000 euro di perdite per risparmiatore. occhio alle truffe Pensi ancora dopo questi dati di potercela comunque fare? Beh, sappi che c’è anche chi ha imbroccato le scommesse ma non è riuscito comunque a ottenere indietro i suoi soldi. Sono coloro che sono stati adescati in buona fede da società “truffaldine” –e in questo mondo di forex, cfd e opzioni binarie ce ne sono molte – che si mascherano per società serie.
E non è facile riconoscerle, anche perché i loro siti internet sono spesso ben fatti e utilizzano riferimenti a società legittime (per esempio la grafica è simile, il nome cambia di una virgola, i loghi sono gli stessi…).

Occhi aperti, dunque. E sappi che anche se ti affidi a società serie e regolarmente autorizzate qualche rischio comunque potrebbe esserci: Alpari Uk era una importante piattaforma di forex in Inghilterra (sponsorizzava il West Ham di calcio) che a seguito dell’oscillazione violenta del franco svizzero è andata in crisi di liquidità ed è fallita nel giro di un giorno. Certo, i soldi dei clienti sono separati da quelli dell’intermediario e dovrebbero tornare indietro. Ma ci vorrà del tempo. Tanto. Uomo avvisato…

Al momento operiamo e consigliamo due broker forex inglesi affidabili e autorizzati (e che hanno dimostrato di uscire indenni dalle ripercussioni sul franco svizzero che hanno portato al fallimento altri operatori quali Alpari o Fxcm):
  1. Markets
  2. Etx